Negli anni Cinquanta a Mirafiori Nord, per le esigenze religiose della scarsa popolazione, esisteva una piccola cappella denominata la “chiesetta bianca” posizionata verso l’imbocco di via Giacomo Dina, ma con il rapido aumento delle nuove abitazioni fu ben presto inadeguata al numero dei fedeli, per cui si pensò di erigere una nuova, più capiente, chiesa posta “in alto” e a cui accedere tramite una scalinata. L’architettura del “Redentore”, essendo un esempio raro di architettura razionalista ecclesiastica in Italia, costituito da arditezze strutturali compenetrate da valori simbolici, attira da subito l’attenzione della critica specialistica italiana ed europea, che la considera tra le opere più importanti delle costruzioni torinesi moderne.
Progettista e direttore dei lavori dell’intero complesso parrocchiale è l’architetto futurista e razionalista Nicola Mosso, coadiuvato dal figlio Leonardo e dall’ingegner Livio Norzi; il 16 ottobre 1955 si pose la prima pietra.
Il 2 maggio 1957 s’inaugurano la chiesa e la casa parrocchiale, ma la poderosa impresa proseguì fino al 1967 e oltre, con la costruzione dell’oratorio, del cineteatro, della cappella feriale e della casa per le associazioni cattoliche.
Vi si accede tramite una scalinata di dodici gradini in cemento armato che ne occupa l’intera facciata.
La pianta dei fabbricati principali è disegnata a partire da un reticolo geometrico composto da triangoli equilateri di lato 346 cm, impostazione del tutto inedita nella pratica architettonica dell’epoca. Di conseguenza i muri laterali della chiesa, in cemento armato incamiciato di mattoni, assumono un andamento increspato, a punte e rientranze, che contribuisce ad una maggior stabilità statica dell’edificio, conferendogli al contempo un aspetto originale ed inquieto.
La volta è impostata sulle murature come naturale prosecuzione verso l’alto, la copertura dei triangoli più esterni dà origine ad una triplice serie di camere di luce, appuntite in forma di cristallo, che scaricano direttamente sui muri sottostanti. Più sopra, altre camere di luce più grandi scaricano sulle precedenti, componendo quasi una sequenza longitudinale di quattro cupole stellari concatenate e in ciò alcuni critici hanno “visto” richiami riconducibili alla cappella delle Sindone del Guarini.
L’altare, in marmo rosa, è sollevato da otto gradini al fondo del vasto presbiterio, dietro al quale erano previsti l’organo e il coro; di grande impatto emotivo e simbolico è la grande croce spoglia sospesa al centro. Successivamente la chiesa è abbellita da un prestigioso pavimento in lastre di marmo nero di Frabosa, listato da sottili bordi di ottone e intarsiato di stelle in marmo rosso di Sicilia (come nella cappella guariniana).
In fondo alla chiesa, si può ammirare una composizione del pittore Felice Amerio comprendente una cuspide triangolare con il Padre e la colomba dello Spirito Santo, soprastante una pala con il battesimo nel Giordano e tre tavole inferiori, anch’esse cuspidate, con gli angeli custodi con le ali raccolte che recano i simboli battesimali: il sale della sapienza, la luce e la veste candida.
Dal 1963 al 1967 si costruisce la cappella della Madonna di Lourdes, dove trova degna collocazione la statua in marmo bianco della Vergine, che una delegazione di lavoratori FIAT aveva donato alla chiesa al rientro dal pellegrinaggio in quel santuario. La cappella feriale, inserita in un unico corpo che comprende anche la sacrestia e il battistero, fa riferimento alle stesse regole strutturali della chiesa grande anche se qui le figure dei triangoli sono associate in gruppi di sei, a formare una maglia ad esagoni regolari che poggiano su pilastri della medesima forma; i materiali sono ricercati, pavimenti e pareti sono in marmi di Vicenza, mentre le travi e i pilastri sono rivestiti da mosaici dorati, recanti la preghiera dell’Ave Maria.
Nella facciata triangolare in mattoni della chiesa, al centro si aprono tre portali terminanti con timpani anch’essi triangolari; all’ottobre del 1963 risale la scultura in bronzo realizzata sulla “ghimberga” del portale principale della facciata e che rappresenta la Trinità: “un unico fascio di nervosi filamenti di bronzosi deformano fino a trasformarsi nell’occhio di Dio Padre dal quale scaturisce la colomba vorticosa dello Spirito Santo, che scende a sua volta ad illuminare il volto sindonico del Redentore coronato di spine simili a fasci di luce”.
Nel 1966 vengono posizionate le bussole d’ingresso sui cui timpani sono incisi gli elementi caratteristici del quartiere: le case e la fabbrica con le sue ciminiere; le porte interne in cristallo, hanno maniglie a forma di croce. Ancora oggi si attende la realizzazione del campanile anch’esso previsto a pianta triangolare, che sarebbe dovuto sorgere dietro la cappella della Vergine.
(fonte “Città di Torino – www.comune.torino.it”)