Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia

Pubblicato giorno 26 novembre 2020 - News

Torino, 23 novembre 2020

Cari presbiteri e fedeli della Diocesi di Torino,

mi premuro inviarvi un messaggio del Consiglio Episcopale Permanente sulla situazione che stiamo vivendo. Il testo indica vie concrete e ricche di spiritualità e di impegno solidale da porre in atto con fiducia e speranza da parte di tutte le Diocesi, parrocchie e realtà ecclesiali del nostro Paese. La nostra Diocesi da tempo sta attivandosi sia sul piano della preghiera sia su quello della solidarietà verso i più poveri e in difficoltà per sostenere una serie di concrete iniziative che ne qualificano il cammino di comunione e collaborazione. In questo modo, pur dovendo affrontare una realtà molto precaria e gravida di insicurezza e paura, stiamo reagendo con solerzia e impegno per sostenere la fede e la speranza nel cuore di tutti e gestire al meglio le crescenti necessità di tante persone, famiglie e poveri che attendono da noi segni di affetto e di aiuto.

La vicinanza della festa della Madonna Immacolata e del Santo Natale ci possono stimolare e aiutare ad accogliere e a vivere questo messaggio quale augurio della Chiesa a non tralasciare questi importanti eventi di grazia, che segneranno il nostro cammino di Avvento verso entrambe le festività. Questo messaggio sia pertanto pubblicato nei vari bollettini delle parrocchie e distribuito anche alle assemblee liturgiche domenicali in modo che sia conosciuto e valorizzato.

Vi benedico tutti di cuore

Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino

 

Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia

Siate lieti nella speranza,

costanti nella tribolazione,

perseveranti nella preghiera (Rm 12,12)

 Fratelli e sorelle, vorremmo accostarci a ciascuno di voi e rivolgervi con grande affetto una parola di speranza e di consolazione in questo tempo che rattrista i cuori. Viviamo in una fase complessa della storia mondiale, che può anche essere letta come un kairòs per ripensare il passato e avere un disegno nuovo, più umano, sul futuro. “Perché peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi” (Papa Francesco, Omelia nella Solennità di Pentecoste, 31 maggio 2020).

Ai componenti della comunità cristiana cattolica, alle sorelle e ai fratelli credenti di altre Confessioni cristiane e di tutte le religioni, alle donne e agli uomini tutti di buona volontà, con Paolo ripetiamo: “Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera (Rm 12,12)”.

Inviamo questo messaggio, mentre ci troviamo nel pieno della nuova ondata planetaria di contagi da COVID-19, dopo quella della scorsa primavera. L’Italia, insieme a molti altri Paesi, sta affrontando grandi limitazioni nella vita ordinaria della popolazione e sperimentando effetti preoccupanti a livello personale e sociale. Le Chiese in Italia stanno dando il loro contributo per il bene dei territori, collaborando con tutte le Istituzioni, nella convinzione che l’emergenza richieda senso di responsabilità e di unità: confortati dal magistero di Papa Francesco, siamo certi che per il bene comune occorra continuare in questa linea di dialogo costante e serio. Al contempo, ci domandiamo quale possa essere il contributo specifico della comunità cristiana.

1. Non possiamo nascondere di trovarci in un tempo di tribolazione. Dietro i numeri apparentemente anonimi e freddi dei contagi e dei decessi vi sono persone, con i loro volti feriti e gli animi sfigurati, e bisognose di un calore umano che non può venire meno. La situazione che si protrae da mesi crea smarrimento e, spesso, disperazione. Un pensiero speciale, di vicinanza e sostegno, va in particolare a chi si occupa della salute pubblica, al mondo del lavoro e a quello della scuola che attraversano una fase delicata e complessa: da qui passa ampia parte delle prospettive presenti e future del Paese. “Diventa attuale la necessità impellente dell’umanesimo, che fa appello ai diversi saperi, anche quello economico, per una visione più integrale e integrante” (Laudato si’, 141). Anche in questo momento la Parola di Dio ci chiama a reagire rimanendo saldi nella fede, fissando lo sguardo su Cristo (Eb 12,2) per non lasciarci influenzare o, persino, deprimere dagli eventi. Se anche non è possibile muoversi spediti, perché la corrente contraria è troppo forte, impariamo a reagire con la virtù della fortezza: fondati nella Parola (Mt 13,21), abbracciati al Signore roccia, fortezza, scudo e baluardo (cfr. Sal 18,2), protagonisti di fede operosa nella carità (Gal 5,6), con il pensiero rivolto alle cose del cielo (Gal 3,2). Dinanzi al crollo di coloro che erano già più fragili durante questa pandemia, riconosciamo di aver creato delle “inequità”, per le quali chiedere perdono a Dio e agli uomini e che dobbiamo impegnarci a superare.

2. Questo tempo difficile, che porta i segni profondi delle ferite ma anche delle guarigioni, vorremmo che fosse anche un tempo di preghiera. A volte potrà avere i connotati dello sfogo: «Fino a quando, Signore…?» (cfr. Sal 13). Altre volte di invocazione della misericordia: «Pietà di me, Signore, sono sfinito, guariscimi, Signore, tremano le mie ossa» (cfr. Sal, 6,3). A volte prenderà 2 la via della richiesta per noi stessi, per i nostri cari, per le persone a noi affidate, per quanti sono più esposti e vulnerabili: «Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio» (Sal 16,1). Altre, ancora, ritroverà la confidenza di sempre: «Signore, mia forza e mia difesa, mio rifugio nel giorno della tribolazione» (Ger 16,19). Le diverse e, talvolta, sofferte condizioni di molte famiglie saranno al centro delle preghiere individuali e comunitarie: questo “tempo sospeso” rischia, infatti, di alimentare fatiche e angosce e questo accade specialmente quando si acuiscono le tensioni tra i coniugi, per i problemi relazionali con i figli, per la mancanza di lavoro… Sappiamo che il bene della società passa anzitutto attraverso la serenità delle famiglie: auspichiamo, perciò, che le autorità civili le sostengano con grande senso di responsabilità ed efficaci misure di vicinanza, e che le comunità cristiane sappiano riconoscerle come vere chiese domestiche, esprimendo attenzione, rispetto e solidarietà. Anche le liturgie e gli incontri comunitari sono soggetti a un’attenzione particolare e alla prudenza. Questo, però, non deve scoraggiarci: in questi mesi è apparso chiaro come sia possibile celebrare nelle comunità in condizioni di sicurezza, nella piena osservanza delle norme. Le ristrettezze possono divenire un’opportunità per accrescere e qualificare i momenti di preghiera nella Chiesa domestica; per riscoprire la bellezza e la profondità soprattutto dei legami di sangue trasfigurati in legami spirituali. Sarà opportuno favorire alcune forme di preghiera, preparando anche strumenti che aiutino a pregare in casa.

3. La crisi sanitaria mondiale evidenzia nettamente che il nostro pianeta ospita un’unica grande famiglia, come ci ricorda Papa Francesco nella recente Enciclica Fratelli tutti. In essa i cristiani portano anzitutto il contributo della fraternità e dell’amore imparati dal Maestro di Nazareth, morto e risorto. Henri-Dominique Lacordaire, predicatore domenicano dell’Ottocento, diceva che il povero è un mistero nella Chiesa, mistero quasi tanto incomprensibile come quello della santissima Trinità ed al quale dobbiamo credere come agli altri misteri della nostra religione. Il povero è una sorta di sacramento che dilata il nostro cuore a ricevere l’Eucaristia e gli altri sacramenti. Crediamo nel povero, abbiamo fiducia nel povero, non passiamo mai accanto a lui senza farcelo amico (cfr. Discorso tenuto a Digione nel 1853). Tutto questo sta avvenendo nelle nostre comunità. Se i segni di morte balzano agli occhi e si impongono attraverso i mezzi d’informazione, i segni di risurrezione sono spesso nascosti, ma reali ancor più di prima. Chi ha occhi per vedere può raccontare, infatti, d’innumerevoli gesti di dedizione e generosità, di solidarietà e amore: essi sono “frutto dello Spirito” (cfr. Gal 5,22). Vi riconosciamo i segni della risurrezione di Cristo, sui quali si fonda la nostra fiducia nel futuro. Al centro della nostra fede c’è la Pasqua, cioè l’esperienza che la sofferenza e la morte non sono l’ultima parola, ma sono trasfigurate dalla risurrezione di Gesù. Ecco perché riteniamo che questo sia un tempo di speranza. Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione, camminando con la vita nuova che ci viene proprio dalla speranza cristiana. Un invito, questo, che rivolgiamo in modo particolare a tutti gli operatori della comunicazione: tutti insieme impegniamoci a dare ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15- 16).

4. Le comunità, le diocesi, le parrocchie, le associazioni e i movimenti stanno dando prova di un eccezionale risveglio di creatività. Insieme a molte fatiche pastorali, si sono rivelate nuove forme di annuncio anche attraverso il mondo digitale, prassi adatte al tempo della crisi e non solo, azioni caritative e assistenziali più rispondenti alle povertà di ogni tipo: materiali, affettive, morali, spirituali. I presbiteri, i diaconi, i catechisti e gli operatori pastorali stanno impegnando le migliori energie nella cura delle persone più fragili ed esposte: gli anziani e gli ammalati, spesso prime vittime della pandemia; le famiglie provate dall’isolamento forzato, da disoccupazione e indigenza; i bambini e i ragazzi disabili e svantaggiati, impossibilitati a partecipare alla vita scolastica e sociale; gli adolescenti, frastornati e confusi da un clima che aggrava il loro già precario equilibrio 3 psico-affettivo. Ci sembra di vedere qui – nonostante le immani fatiche che stiamo attraversando – la dimostrazione che stiamo vivendo un tempo di possibile rinascita sociale. È questo il migliore cattolicesimo italiano, radicato nella fede biblica e proiettato verso le periferie esistenziali, che certo non mancherà di proseguire l’impegno verso chi è nel bisogno. A ogni cristiano chiediamo piccoli ma significativi gesti di amore, perché dalla carità passa la prima e vera testimonianza del Vangelo. Vorremmo così raccogliere l’invito di Paolo: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12). Questo è il contributo dei cattolici per la nostra società ferita ma desiderosa di rinascere. Per noi conta testimoniare che l’unico tesoro che non è destinato a perire e che va comunicato alle generazioni future è l’amore, che deriva dalla fede nel Risorto. Noi crediamo che questo amore viene dall’alto e attira in una fraternità universale ogni donna e ogni uomo di buona volontà.

IL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Roma, 22 novembre 2020

Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re

 

 

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