Questa Via Crucis non è un’opera d’arte ma una preghiera in punta ti pennello. Ogni pennellata è una carezza a Gesù sofferente, una riflessione sui mali che rendono pesante la sua croce e su cosa potremmo fare per alleviarli.
Sappiamo che un primo modo per sconfiggere il male è pensarci, prenderne coscienza, pregare. E queste tavole vogliono aiutare a farlo.
E’ piena di carezze, questa Via Crucis: la carezza di Maria che incontra Gesù, quella di Giovanni a Maria ai piedi della croce, quelle di Gesù stesso alle donne incontrate per la strada, che piangevano su di lui e che lui, nonostante tutto, riesce a consolare.
Mi piacerebbe chiamarla Via Crucis della consolazione. E’ un’opera di misericordia di cui abbiamo un bisogno estremo in questi tempi in cui trionfa il cinismo, comanda la cattiveria, crede di vincere chi si mostra capace di far del male.
Mi piacerebbe che la nostra preghiera davanti a questa Via Crucis ci aiutasse a superare l’inquietudine e ci muovesse a sentimenti di dolcezza, come è dolcissimo il movimento del pennello sulla tavola.
Massimo Battaglio

I STAZIONE: GESÙ È CONDANNATO A MORTE
“I capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». (…) Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso”. (Mt 27,20-26)
Gesù subisce una triplice condanna: quella del tribunale religioso, quella delle istituzioni politiche e quella che arriva a furor di popolo. Oggi sarebbe probabilmente la stessa cosa. Ma dietro a una politica preoccupata unicamente della propria conservazione e a una religione che dimentica spesso la propria ragion d’essere, c’è il potere economico – proprio come accadde quella notte a Gerusalemme, quando il popolo era stato corrotto da anonimi anziani – e quello delle armi. Oggi poi, c’è anche il potere mediatico, quello che ci fa scambiare Barabba per Gesù e viceversa e ci induce a condannare inconsapevolmente il Figlio di Dio per un banale errore di informazione.
II STAZIONE: GESÙ È CARICATO DELLA CROCE
“I soldati (…) lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: Salve, re dei Giudei!. Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo” (Mt 27,27-31).
I soldati non si limitano a eseguire l’ordine di crocifiggere Gesù. Si sentono in dovere di rincarare la dose, di deriderlo, di usargli ulteriore violenza oltre a quella già subita prima della condanna, quando era stato flagellato.
Le croci sullo sfondo di questa tavola rappresentano tutto il male gratuito, ingiustificato, esagerato, che sporca la terra. E insieme rappresentano un po’ le nostre piccole croci, che possiamo unire al sacrificio della croce di Gesù, che le riassume tutte.
Paolo dice: “sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo” (Col 1,24)
È un passo difficile ma è invece consolante, in certi momenti, sapere che anche Cristo soffre con noi.
III: GESÙ CADE SOTTO IL PESO DELLA CROCE.
“Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. (…); per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. (Is 53,4-6)
Nelle tre stazioni in cui Gesù cade sotto il peso della croce, possiamo meditare su quali siano le iniquità che schiacciano Gesù nel suo doloroso cammino. Ora possiamo concentrarci sui peccati individuali che ci opprimono oggi come allora: le varie forme di violenza tra le persone e in particolare quella contro le donne, l’egoismo (il personaggio che trattiene un sacchetto di soldi), il narcisismo (la donna che non fa che guardare se stessa allo specchio), l’indifferenza (chi si copre gli occhi con le mani), l’intolleranza razziale o di altri generi, la prevaricazione. E possiamo immaginare ancora tanti altri mali, qui raffigurati da volti anonimi in cui ciascuno può riconoscere sé stesso.
I volti di questa tavola sono inespressivi, come gli idoli del salmo, che “hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono” (Sal 114, 5-6). Solo le vittime hanno un volto, come il povero Lazzaro che, proprio perché povero, ha un nome e un posto agli occhi di Dio.
IV STAZIONE: GESÙ INCONTRA SUA MADRE
“Simeone parlò così a Maria, sua Madre: Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. (Lc 2, 34-35)
Maria segue Gesù fino all’ultimo momento. La tradizione popolare vuole che abbia incontrato il figlio durante la salita al calvario e abbia tentato di consolarlo.
In questa stazione possiamo pregare per tutte le madri, in particolare per quelle che hanno perso o stanno perdendo i loro figli, e chiedere loro la consolazione di Maria, che ha condiviso la loro esperienza. Ma possiamo anche meditare su Maria stessa, di cui si propongono i simboli di alcuni titoli sotto i quali noi la veneriamo: Consolatrice degli afflitti, porta del cielo, Torre della città di Davide (cioè nostra difesa), Regina dei Martiri (la palma), Arca dell’Alleanza, Regina della pace (il ramo d’ulivo) ma anche “Rosa mistica” e “Regina delle Vergini” (il giglio). Il giglio è anche simbolo di Gesù stesso nella sua Passione, come canta per esempio Jacopone da Todi descrivendo proprio questo episodio:
“O figlio, figlio, figlio, figlio amoroso giglio, figlio, chi dà consiglio al cor me’ angustïato?”
V STAZIONE: GESÙ AIUTATO DAL CIRENEO
“Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù” (Lc 23,26).
Simone è un povero diavolo che non c’entra assolutamente nulla con la condanna a Gesù. Fa parte di quella schiera di sottoccupati che ogni società ha sempre tenuto da parte per fare i lavori sporchi, anzi, il lavoro sporco. È un bracciante agricolo. Non sappiamo se sia almeno stato rimborsato della fatica impostagli. I Vangeli dicono semplicemente che lo “presero”. Marco dice che lo “costrinsero”. È però significativo che gli evangelisti ne riscattano la memoria ricordandone il nome, la provenienza e il mestiere mentre tanti altri personaggi della Passione, per esempio i soldati, restano anonimi.
Pensiamo ai quartieri anonimi da cui provengono i tanti Simone di oggi e convinciamoci che Gesù li conosce uno per uno.
VI: GESÙ CADE PER LA SECONDA VOLTA
“Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo” (Is 53,6-8).
Noi non siamo solo tante pecore sciolte, ciascuno alle prese col suo peccato individuale. Siamo anche un unico gregge in cui abita un peccato che coinvolge tutti, come società.
In questa stazione possiamo riflettere sui peccati strutturali del nostro mondo. Per esempio, possiamo meditare sulla realtà delle guerre e delle oppressioni organizzate che annientano intere civiltà, dalle quali fuggono milioni di persone. Possiamo pensare alla nostra società che sembra non poter sopravvivere senza depredare la terra, senza bruciarla, senza produrre montagne di scarti e buttare via ciò che non serve ai ricchi costringendo i poveri a farne il loro unico cibo.
VII: VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESÙ
Il volto di Gesù è rimasto impresso nel panno di Veronica perché ha compiuto un’opera di misericordia e Gesù è misericordia. Lei ha avuto il privilegio di riconoscere Gesù direttamente. Noi possiamo riconoscerlo nel volto dei nostri fratelli:
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria (…) saranno riunite davanti a lui tutte le genti (… Allora dirà): Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? (…) il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,31-40).
Ai piedi di questa tavola c’è una piccola raffigurazione delle opere di misericordia corporale. Ma sono solo un esempio. Nelle due mani che si stringono in segno di solidarietà, possiamo immaginare tantissime altre situazioni in cui riconosciamo nell’altro il volto di Gesù.
VIII STAZIONE: GESÙ INCONTRA LE DONNE
“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?” (Lc 23,27-31).
Ancora una volta, Gesù riesce a dare un messaggio carezzevole alle persone che incontra, usando parole che lasciano trasparire persino un po’ di buonumore.
Il suo messaggio si rivolge alle figlie di Gerusalemme ma noi possiamo immaginare di estenderlo a tutte le donne e gli uomini del mondo: donne e uomini di etnie diverse, di diversa età, condizione sociale, cultura e religione. Perché Gesù non è venuto per salvare solo le figlie di Gerusalemme né tantomeno i soli cattolici ma tutti gli uomini e le donne che abitano il creato.
IX STAZIONE: GESÙ CADE PER LA TERZA VOLTA
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18 posso contare tutte le mie ossa”. (Sal 21, 1/17-18)
Anche la Chiesa di Gesù è spesso circondata da branchi di cani mentre, altre volte, si comporta essa stessa come una banda di malvagi. Il peccato è infatti presente in ogni realtà umana.
In questa stazione è rappresentata una chiesa in rovina, dalla porta semichiusa, intorno alla quale qualcuno è indifferente, qualcun altro mostra insofferenza, altri ancora si affannano a cacciare chi non gradiscono, ai quali non resta che andarsene. Ma c’è anche chi spera, chi si mette d’impegno per raddrizzare la baracca, chi accetta di doversi rimettere a pensare.
Dal portale di questa chiesa, l’immagine di Gesù è sparita: non è più seduta sul trono glorioso sopra l’architrave. E infatti Gesù è per la strada, caduto per la terza volta sotto il peso della croce. Ma dentro continua a brillare il cero pasquale. Se vogliamo anche noi fare la nostra parte, non siamo soli.
X: GESÙ È SPOGLIATO DELLE SUE VESTI
“I soldati, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura: Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte. E i soldati fecero proprio così” (Gv 19,23-24)
Le mani dei soldati che spogliano Gesù vengono dal basso, dall’esterno del quadro. Potrebbero essere le nostre, quando cerchiamo di accaparrarci delle sue vesti e, non contenti, non le dividiamo nemmeno tra di noi ma ce le giochiamo affidandoci alla sorte.
XI STAZIONE: GESÙ È INCHIODATO ALLA CROCE
“Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,33-34).
Spesso non sappiamo che i martelli che agitiamo per aria stanno inchiodando alla croce Gesù. Non sappiamo che c’è una distanza molto breve tra la violenza verbale diventata moda e quella materiale e organizzata contro il fratello e contro l’umanità. E non ci rendiamo conto che ciò porta a uccidere Dio.
Spesso non pensiamo che non è necessario usare un’arma vera e propria per uccidere. Basta una mazza o un attrezzo da lavoro usato in modo improprio o senza sicurezza, perché chi è venuto tra noi per fare il bene, non torni più a casa.
E in ciò, Gesù rimane calmo. Usa le sue ultime energie per un unico sforzo: quello di garantirci il perdono.
XII STAZIONE: GESÙ MUORE
“Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!» E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”. (Gv. 19,25-27)
“Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: «Veramente quest’uomo era giusto». Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto”. (Lc 23,44-49)
Sotto la croce di Gesù non è rimasto quasi nessuno. I suoi guardano da lontano, al sicuro. Resta solo chi non ha niente da perdere: le donne, un ragazzino (Giovanni), la sua mamma, e un pagano (il Centurione) che, a sorpresa, è il primo a riconoscere che Gesù è proprio il figlio di Dio. Noi che crediamo di essere credenti, possiamo scegliere da che parte stare: nel dolore di qualcuno dei pochi personaggi restanti o nel buio del cielo oscurato.
XIII STAZIONE: GESÙ È DEPOSTO DALLA CROCE
“I Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (…), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù” (Gv 19, 31-4/38).
Uomini e donne di tutti i tempi hanno pianto intorno all’immagine di Cristo morto perché Cristo è venuto a salvare non solo i suoi contemporanei ma gli uomini e le donne di tutti i tempi. In questa tavola si propongono alcuni esempi tratti dalla grande arte. È sicuramente riconoscibile un riferimento alla Pietà di Michelangelo ma anche al Compianto di Giotto ad Assisi, a quello di Niccolò dell’Arca a Bologna, al Cristo morto di Mantegna e al nostro Casorati. In realtà, la donna di Casorati non sta piangendo su Gesù ma sta attendendo i figli che non torneranno dalla guerra. In fondo è la stessa cosa.
XIV STAZIONE: GESÙ E POSTO NEL SEPOLCRO
“[Giuseppe] lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Era il giorno della parascève e gia splendevano le luci del sabato. Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati”. (Lc 23,53-56)
La Passione Secondo Matteo di Bach si conclude con parole affettuose: “Mein Jesu, gute Nacht!”, “Gesù mio, buona notte”, come se sapessimo che il suo sonno è transitorio, che non è che un riposo dopo la fatica, che dopo la notte verrà il giorno nuovo. In questa tavola, mentre uno degli angeli di guardia al sepolcro sta ancora piangendo, l’altro è nella posizione del corridore alla partenza, pronto a scattare e riprendere il volo. E sopra i gigli appassiti sbocciano i fiori del melograno, i cui pistilli bucano il calice e si proiettano in avanti. Ma Gesù, all’interno, è morto veramente. E forse nemmeno lui, in quei momenti, aveva l’umana certezza che sarebbe risorto il giorno dopo. Facciamogli compagnia nel silenzio.